Ottavia Negri Velo nacque il 24 febbraio 1766 da Marco Egidio Negri e Laura Montanari, famiglie fra le più prestigiose della nobiltà vicentina, sposò il conte Gerolamo Giuseppe di Velo, ebbe due figli, Isabella e Girolamo Egidio, celebre viaggiatore; scrisse una cronaca vicentina dal 1796 al  marzo 1814 in due volumi; morì nell’aprile del 1814.

Ermenegildo Reato, storico autorevole, ha scritto del suo diario:

“Quei due volumi costituiscono un esemplare modello di memorialistica dell’età napoleonica. L’autrice vi riflette una finissima cultura, uno stile incisivo ed efficace, fatto di frasi brevi, di apostrofi forti, anche se talora appesantite da espressioni desuete o da allusioni poco trasparenti. La dovizia di informazioni, attinte da esponenti della Municipalità o da ufficiali dell’Armata francese o da gazzette italiane o straniere, difficilmente si potrebbero reperire in altri diari dell’epoca” (1)

Il diario di Ottavia Negri fu pubblicato dall’Accademia Olimpica di Vicenza nel 1999 nel volume a più mani “L’aristocrazia vicentina di fronte al cambiamento (1797-1814); la trascrizione fu curata da Mirto Sardo.

Ecco come inizia il primo volume:

“Il dettaglio degli avvenimenti del 1796, saranno sempre memorabili all’infelice Italia, come pure li mali sofferti, nello Stato Veneto e la total distruzione di una Repubblica, che fu per 14 secoli, un singolar modello dell’industria e del talento degli uomini. Io riassumerò nel suo principio la storia, per sempre più confermarmene la memoria; e non avendo cominciato un esatto giornale, non potrò descrivere in sostanza, che le cose più rimarcabili, come un quadro da osservarsi, piuttosto ché una storia da leggersi” (2)

L’autrice descrive le fasi della conquista francese della Lombardia Veneta e della eroica città di Verona che tentò di resistere agli invasori napoleonici, concludendo con “I Francesi s’impadronirono di tutta la terraferma, la rivoluzionarono, la dilaniarono, e dichiararono guerra a Venezia, ciò si eseguì nel giorno 25 aprile 1797 dal quale io ho cominciato a scrivere questo Giornale” (3)

Ottavietta, come veniva chiamata fin dalla più tenera età l’autrice, dimostra fin da subito di avere le idee chiare: descrive la Serenissima come “una Repubblica che  fu per 14 secoli un singolar modello dell’industria e del talento degli uomini” e descrive giustamente i francesi come una masnada che “dilaniarono” la nostra Terra veneta …

25 aprile 1797

“Già si diceva ieri in Verona l’armistizio, e si credeva una composizione, attesa la voce della pace, sentita li 23 del corrente e si faceva una strepitosa processione a San Marco, quando questa mattina arrivarono fugitivi da Verona il provveditor Giovanelli col comico general veneto Stratico, indi il provveditor Erizzo col rappresentante Contarini; dicendo che tutto era perduto, e che i Francesi prendevano il possesso di Verona, essi fuggirono subito come il lampo per Padova.”

27 aprile

“In mezzo ai sforzati chiassi suscitati dal partito democratico si ha abbattuti tutti i San Marchi, e si hanno poste le coccarde nazionali.”

Primo maggio

“Di Venezia nulla si sa. Vi si calcolano molti partiti e molto terrore.

Leon piagato a morte

Vede la sua ferita

Sente mancar la vita

E fa pregadi ancor.”

Questo è un libero adattamento dell’autrice di un celebre pezzo teatrale con il quale si denuncia l’immobilismo di Venezia; i pregadi (o pregai) erano i nobili veneziani che componevano il Senato.

6 maggio

“Si allestisce per domani l’innalzamento del famoso albero della libertà. Si ha sfaccendato da Pietro Bissari a piantarne uno sull’Isola dicendo, che il popolo lo voleva, ma il popolo fu sordo ad andarvi e vi volle la banda per richiamarvi un pugno di gente.”

Ma non ci avevano sempre detto, e continuano a dircelo, che il popolo accorreva numerosissimo ???

7 maggio

“Le requisizioni per approvigionar l’armata sono continue, e immense, niente basta a saziar  la violenza e l’ingordigia.”

Violenza e ingordigia da parte dei liberatori francesi? A me sembra impossibile, chissà cosa diranno gli illuminati giacobini contemporanei, quelli che continuano  a “controllare” il mondo delle università e della cultura …

9 maggio

“Tutti i Monti ex veneti sono sigillati, ma il nostro è in maggior pericolo, perché più ricco”

Traduzione: tutti i Monti di Pietà veneti fanno gola ai liberatori francesi, in particolare quello vicentino che è il più ricco di tutti e che verrà puntualmente rapinato sempre in ossequio alla”liberté, egalité, fraternité” naturalmente …

“Si prenderà in nota tutte le argenterie de privati e già si è prese quelle delle chiese e felicemente divorate, in tutti i sensi. Le requisizioni e le spese sono immense e mal amministrate, e non v’è un soldo in cassa.” (4)

13 maggio

“Oggi per espresso, si ha avuto la notizia, che i Veneziani si sono democratizzati, e che domani pianteranno il grand’albero di libertà, han dato 2 ducati d’argento a tutti i Schiavoni, rimandandoli ai loro focolari, nulla si sa di più”.

15 maggio

“Si dice, che si vada amoreggiando dai Francesi tutta l’argenteria delle chiese, già presa dalla Municipalità per pretesto al bisogno, ma in fondo a sacchi senza ricevuta sennon con tal calcolo.”

20 maggio

“Gran passaggio, e permanenza di truppe. Gran requisizioni. Vien insistito sul argenteria delle chiese”

21 maggio

“L’argenteria delle chiese è poi partita per Milano”

E chissà se si è fermata a Milano o i carri hanno proseguito per la Francia? Sempre con la Marsigliese come colonna sonora, naturalmente …

26 maggio

“Continuano le argenterie delle chiese a passare a Milano avendo dato ordine Bonaparte di aver anche il resto, non lasciando alle chiese che un calice per ogni due altari. L’argenteria fusa già a beneficio di alcuni municipalisti, egli la lascia in compenso al povero Monte di Pietà.”

27 maggio

“un barcaiolo Veneziano vedendo sui cantoni i Manifesti con il leone che in cambio di portare il Pax tibi Marce etc. Dice I doveri dell’uomo e del cittadino, esclamò de Diana, dopo tanti anni San Marco si ha pensà de voltar carta?”

29 maggio

“I Francesi dicono, che dopo le requisizioni richieste nel riparto, sarà terminato tutto e che saranno certamente le ultime, ciò potrebbe darsi se la pace fosse sicura.

Secondo i calcoli fatti, le ruberie sul Monte di Pietà, ascendono a 193 mille lire, non computando la confusione delle partite sui libri, dove hanno fatto lo scosso anche con delle date posteriori”

A proposito della rapina napoleonica al Monte di Pietà di Vicenza, “Secondo i cronisti dell’epoca il danno per il Monte sarebbe stato di gran lunga superiore al milione di lire venete.”, così  Antonio Ranzolin in “Il Monte di Pietà di Vicenza tra Seicento e Settecento. Aspetti istituzionali e congiunture” pubblicato nel volume “Il Monte di Pietà di Vicenza 1486-1986”, Vicenza 1986 pag. 93.

30 maggio

“Ieri successe lo spoglio dell’argenteria della Madonna di Monte dai Francesi. Li padri di Monte l’esposero tutta sull’altare di essa e questi rapacemente la presero.”

31 maggio

“Si vede continuamente delle casse di argenterie portate via piangendo dai comuni e dai parochi, che devono partire alla volta di Milano”

Primo giugno 1797

“Sono tre giorni che si fucila in Campo Marzo, li tre Gabardiani”. (5)

Si fucila cantando la Marsigliese e scandendo “liberté, fraternité, egalité” naturalmente …

9 giugno

“Scoppiano delle inquietudini nei Sette Comuni per le armi e per le argenterie, e più di tutto per non accettar il presente stato di cose, e minacciano di dedicarsi all’imperatore, o di voler essere un dipartimento totalmente indipendente, e di venir un giorno ad abbruciar tutti i Giacobini.”

20 giugno

“I Sette Comuni non vogliono sentire la rivoluzione, portano la coccarda veneta e in proposito di argenterie e di armi, dicono che chi le vuole, se le vada a prendere, ch’essi le difenderanno.”

15 luglio

“Li Sette Comuni continuano ad usare decisamente le insegne di San Marco, e vien detto che San Marco è passato dal mare alla montagna”

21 luglio

“Sono partiti altri 1200 uomini con 3 cannoni verso i Sette Comuni per il fermento di Lusiana, che è disgraziatamente in piena insurrezione.”

22 luglio

“Thiene e le montagne son tutti all’ubbidienza e arrivano le loro armi e i pochi villici arrestati”

25 luglio

“Le nuove di Lusiana sono che i Francesi vi sono entrati pacificamente ad onta di qualche resistenza, et non hanno danneggiato gran fatto quell’infelice paese.”

26 luglio

“Sono partiti per Thiene 2000 Francesi con un generale per stazionarvi sin che i Sette Comuni portano le loro argenterie, armi, come sono convenuti. Questo è quanto si sa.”

3 agosto

Immense sono le requisizioni francesi; 7 in 8 mille uomini vaganti per le nostre contrade, spesati di tutto, vestiti.”

4 agosto

“Vi è stata un gran caccia sulla risara delle monache di San Pietro col generale Joubert, promossa dai Bissari, che declamano il rispetto ai diritti dell’uomo ed alle proprietà”

I Bissari erano, naturalmente, fra i giacobini più in vista della città …

21 agosto

“Vien riflesso assai l’odio gratuito della terraferma con Venezia, aizzato e lodato dai Francesi per trarne vantaggio. “

Nel 1797  erano i Francesi che istigavano l’odio della terraferma verso Venezia (e viceversa), adesso sono i loro cuginetti italiani …

E ancora “(Il soggetto è Venezia) O doveva essa sparir dalla superficie della terra, come si lusingavano tutti gl’Italiani, invidiosi almeno della sua irrefrenabile gloria passata, o doveva, com’è ragionevole, sussistere una capitale imponente con 120 mila abitanti con un arsenale dei più considerabili e dei porti di mare, che l’unione complettata alla terraferma non avrebbe forse dato luogo a dei momentanei cambiamenti. Ecco anche in questo un saggio della nostra perfetta imbecillità ed egoismo. Questa seduzione francese divide et impera può dar ad essi delle ragioni, onde disponere della terraferma come tante pecore a loro piacere”

Molto interessante, gli italiani che si lusingavano della sparizione di Venezia e i francesi che giocano a “divide et impera” sulla pelle dei veneti proprio come i loro cuginetti italiani due secoli dopo …  

31 agosto

“Continuano i Francesi instigati dai nostri democratici cacciatori a danneggiar le risare, sicché si dice che siamo persin ridotti a pianger sui risi”

4 settembre

“… Bonaparte volle tutta l’argenteria delle chiese di tutta la nostra provincia. La prima Municipalità l’aveva ricevuta a sacchi senza incontri,fusa una porzione e nascosta una buona dose già per il bene pubblico come il solito. Bonaparte che sapeva come vanno tali facende la richiese tutta per intero, per fare in grande, il suo solito mestiere, allora la Municipalità si scosse, fece valere le sue ragioni, ma non valsero e convenne supplire a tale defraudo.”

17 ottobre 1797

“Fra l’imbecillità, la birbanteria, il deciso ladroneccio si vive come si può viver.

… Un giorno si crede fatta la pace, un giorno si dubita, poi si ritorna a sperare. Oh che vita rivoluzionata in tutti i sensi!”

13 dicembre

“Si dice che a Venezia i Francesi volessero prender i 4 cavalli di bronzo, i due pedestalli dei stendardi, le porte di bronzo della chiesa di San Marco e la vera del pozzo, che ciò abbia eccitato del fermento, e che ha convenuto per questo poner la truppa sull’armi. In tal serie di dilapidazioni nulla può più sorprendere.”

15 dicembre

“I cavalli di bronzo misti in oro, che stavano sulla chiesa di San Marco, furono levati dai francesi, e disposto tutto per imbarcarli.”

24 dicembre

“I Francesi intanto rubano più che possono. S’è abbrucciata per la loro incuria una superba Barchessa dei Fracanzani a Orgiano.”

25 dicembre

“Bonaparte poi ci promise una terza parte delle argenterie delle chiese (di cui però i ladri amministratori si prevalsero) poi non se ne parlò, affare indegno di un generale d’una immensa nazione. Indi promise anche in iscritto di indennizzarci dell’orribile truffamento del Sacro Monte di Pietà, poi non ne fece più nemmen parola; e su di tali fondamenti questi perfidi continuano a dar ad intendere ch’essi sperano il ben pubblico. Oh iniqui, e anche sciocchi!”

31 dicembre 1797

“L’anno 1797 non sarà dimenticabile  dall’ex Stato Veneto in perpetuo, la sua onerosa e vilipesa neutralità, la sua occupazione ordita in stil moderno; la democrazia introdotta per saziar la fame, e la cessione incredibile per sopire o restituire colla pace la calma al continente dell’Europa, sono degli argomenti indelebili per lo storico, e per il galantuomo.” (6)

5 gennaio 1798

“Alli tre alberi di libertà che sono in città viene fatta la guardia dai Francesi a scanso di disordini, per il territorio sono atterrati e bruciati”

9 gennaio

“I Francesi han minacciato che al loro partire vogliono abbrucciar il convento dei Cappuccini: quei religiosi vi vegliano tutte le notti per ovviare una tal prova di riconoscenza dai loro ospiti.”

13 gennaio

“Questa notte la truppa francese con solennità militare, e silenzio, ha atterrato l’albero della libertà nella nostra piazza. Oggi tutti levano le coccarde , e così termina la trista comedia: per verità questi alberi formavano un libero bosco di ladri e di birbanti.”

19 gennaio

“Questa mattina, avanti lo spuntar del giorno li tamburi, e le trombe assordarono, e le truppe francesi se ne partirono. L’esultanza generale fu l’encomio della loro condotta. Tutte le botteghe rimasero chiuse per festeggiar la giornata.”

21 gennaio

“Si dice che nei Sette Comuni non si rissenti gran giubilo del peranche nuovo cambiamento, e che San Marco, e i loro privilegi loro stieno più a cuore di tutto.”

22 gennaio

“In vari luoghi particolarmente a Castelgomberto convenne spedir dei picchetti di soldati per tener tranquillo il popolo che si è suscitato contro i suoi municipalisti, e Giacobini”

29 marzo 1798

Ottavia Negri Velo ogni tanto si abbandona al ricordo del bel tempo che fu e che non  ritornerà più:

“Oh Dio quanti spettacoli immensi si presentano al più pacifico e felice popolo del mondo ch’era quello del nostro Stato Veneto”.

Il diario continua fino al 1814 e ci sono dei passaggi struggenti, come questo:

30 aprile 1802

“Ho veduta Venezia in una decadenza deplorabile, la miseria il malcontento sembrano all’apice, e più quasi non si spera risorsa … Venezia sembra un vero paese flagellato da Dio; la sua singolarità, la pompa dei suoi edifizi, la grandezza delle idee generali, e vederla oppressa, negletta piena di militari che non combinano col suo locale, governata da chi non sa o vuole o può assisterla, in una lingua e in un metodo del tutto nuovi, pare propriamente un gastigo di nuovo genere” (7)

28 marzo 1803

“Se un tal cangiamento si fosse fatto nel 1798 forse sarebbe stato meglio trangugiato, ma ora eccita una tal comozione il vero rovesciamento dell’antico sistema, che senza perdersi in odiosi confronti, non si può a meno di dar delle lagrime alla memoria d’un governo il più dolce, il più umano, il più felice, il più grandioso, il più libero nel suo vero significato il quale ha felicitato, e ingrandito e l’esterno, e l’interno dei cuori, e dei paesi, e che non si può bramar altro esempio ai sovrani quanto la Repubblica Veneta, e San Marco”.

14 marzo 1804

“Ritornata da Venezia io non saprei descrivere il mosaico di quel paese. Tutto denota distruzione avvilimento. L’averla conosciuta prima essa è ridotta irriconoscibile.”

Otre ai due volumi del suo diario, Ottavia Negri Velo ci lasciò un epistolario che contiene le lettere che quasi giornalmente scriveva alla madre, contessa Laura Montanari che viveva a Isola (8). Ecco alcuni passaggi:

“Un ufficiale francese di molto garbo si è sorpreso assai del sommo coraggio dei Vicentini, dicendo che Vicenza pare una città di Francia soggiunge poi: li Veronesi non ci amano, ma ci temono; li Vicentini non so se ci amano, ma è certo che non ci temono. Una contadina l’altro giorno incontrando quattro Francesi, disse loro Baroni andate al vostro paese, alla quale franchezza risero molto”.

In un’altra lettera, datata 30 maggio 1797, denuncia la sistematica rapina delle nostre chiese  portata avanti dai “liberatori” francesi:

“Lo spoglio della Madonna di Monte (Berico) ha fatto un gran sensazione nei cittadini e nell’ex plebe. Jeri si hanno portato via ogni cosa. A Arzignano Domenica si ha piantato l’albero della Libertà, ma ad onta un fervido discorso di un ardente democratico, ad onta di aver gettato e pane e soldo e distribuito del vino, sembrò nel popolo un spettacolo più lugubre che altro. Vi furono invitati dei Francesi a tal solennità e questi si scossero altamente, e ne indagarono le ragioni, al che un uomo di proposito loro disse: -Sappiate che il popolo è così dolente per lo spoglio delle argenterie delle sue Chiese, che questo lo fa esser mesto e non suscettibile a simili spettacoli.-”

In una lettera alla madre insiste sull’uso ridondante di “fratellanza” e “eguaglianza” da parte dei cantori della Marsigliese: “Le truppe  si servono fraternalmente di tutto quel che trovano, seconda al loro solito, e lasciano possibilmente in una miserabile eguaglianza”.

Un’ultima curiosità sul diario viene sottolineata da Ermenegildo Reato:

“Una particolare animosità essa riserva a quei nobili vicentini, come i Bissari, che militarono tra le fila dei democratici, spinti, sembra, più dall’ambizione di emergere cavalcando gli ideali della rivoluzione che da fede profonda nei suoi ideali o come Brunoro Muzan, il “Robespierre vicentino”.” (10)

Brunoro Muzan (o Muzani) fu presidente della Municipalità.

 Per Ottavia questi nobili erano dei veri e propri traditori delle loro città e della loro storia.

Ettore Beggiato

Note

1)    Reato E., Cronisti vicentini nell’età napoleonica (1796-1814) in Ricerche di storia sociale e religiosa, Vicenza, n. 40, 1991

2)    Sardo M., Il Giornale di Ottavia Negri Velo, in L’aristocrazia vicentina di fronte al cambiamento (1797-1814), Vicenza 1999, pag. 93

3)    Idibem pag. 99

4)    Idibem pag. 103

5)    Idibem pag. 112

6)    Idibem pag. 228

7)    Idibem pag. 399

8)    Chemello A., Il gran caos inesplicabile, in L’aristocrazia vicentina di fronte al cambiamento (1797-1814), Vicenza 1999, pag. 35

9)    Idibem pag. 55

10)Reato E., op. cit., pag 176