E’ recentemente uscita la seconda edizione del volume di Ettore Beggiato “1439: galeas per montes. Navi attraverso i monti”, curata da “Piazza Editore”.
L’autore che aveva sempre privilegiato l’ottocento veneto nelle sue ricerche, dal plebiscito-truffa del 1866 all’insorgenza veneta del 1809, dall’ultima vittoria della Serenissima a Lissa ancora nel 1866 alla Repubblica Settinsulare di Corfù nel 1800, questa volta si concentra su una straordinaria impresa della Serenissima che, nel 1439, riuscì a portare un’intera flotta dall’Arsenale di Venezia fino a Torbole, nella punta settentrionale del Lago di Garda, risalendo il fiume Adige fino a Mori, in provincia di Trento, e superando il passo di San Giovanni posto a 264 metri, allo scopo di aggirare l’assedio portato dai Visconti alla città di Brescia.
Un “fatto meraviglioso e quasi incredibile, se non fosse stato seguito sotto gli occhi di migliaia di testimoni, e non venisse celebrato da tutti gli scrittori” come venne scritto all’epoca e che purtroppo è ancora poco conosciuto ai nostri tempi e Ettore Beggiato giustamente sottolinea e denuncia come la storia veneta continui ad essere sistematicamente nascosta e mistificata dalla scuola italiana e dalle élites culturali che vanno per la maggiore in Italia.
Nell’agile volumetto l’autore parte dal contesto storico dell’epoca, presenta l’impresa con diverse, preziose testimonianze degli storici dell’epoca, per arrivare alla pace di Lodi (1454), dedicando delle schede ai capitani di ventura, al doge dell’epoca, Francesco Foscari e ai Visconti.
Il volume lo si può trovare nelle principali librerie, anche on-line e costa 12 euro.
Il presidente della nostra Associazione, Aldo Rozzi Marin, ha arricchito il volume con un prezioso contributo che mi sembra opportuno riproporre.
Marco Dal Bon
La Repubblica di Venezia fondata e retta da uomini virtuosi.
La battaglia conosciuta come Galeas per montesè la storia di uomini che, prescelti per un compito, lo assolvevano con senso del dovere, dignità e abnegazione. I veneziani non solo erano capaci di conquistare un territorio ma anche di governarlo. Con una capacità straordinaria hanno saputo trasformare un gruppo di isole palustri e desolate in una città trionfante, con una impronta architettonica unica,esprimendo una cultura senza la quale il mondo sarebbe diverso. Dal 421 al 1797, per oltre un millennio la Repubblica ha tenuto testa ai principali Stati di Europa.
Come è stato possibile tutto ciò? Venezia fu uno stato completo e raffinato a tal punto da rimanere ancora oggi un caso unico per la sua costituzione, la sua legislazione e la sua organizzazione sociale. I veneziani avevano un sistema costituzionale che il giurista e filosofo politico tedesco Carl Schmitt definì un capolavoro di alta politica e nel contempo la creazione più singolare della storia economica di ogni tempo. Un ordinamento giuridico e istituzionale caratterizzatodalla continuità al di sopra di qualsiasi conflitto, la prevalenza del pubblico sul privato in tutti gli aspetti della vita politica e sociale, la forte collegialità del potere decisionale, il controllo dell’esercizio del potere mediante un meccanismo di pesi e contrappesi, un sistema non fondato su partiti istituzionalizzati onde favorire il progressivo riassorbimento di qualsiasi posizione di dissenso e protesta,un’organizzazione in cui il culto della personalità era vietato. Imparzialità, giustiziae certezza, i fini del diritto perseguiti nell’esercizio della funzione pubblica, si univano al desiderio di libertà e indipendenza rispetto agli altri Stati.La Repubblica aristocratica era preoccupata di limitare il potere, di controllarlo, di contenerlo, di costringerlo entro i limiti della concezione del bene pubblico.
E gli uomini. Un elemento che poche volte viene ricordato riguarda le persone che governavano la Repubblica: erano di provenienza patrizia, vale a dire componenti di famiglie attentissime alla educazione dei loro figli. La cultura non era considerata fine a se stessa, frutto di una sterile erudizione, ma un prezioso aiuto alla comprensione del mondo, perentoriamente indirizzata verso una formazione mentale che aiutasse concretamentei patrizi a svolgere qualsiasiruoloa cui fossero chiamati in ogniambito del viver quotidiano. Le fonti della loro istruzioneerano costituite dai precettori, dalla Biblioteca Marciana,dall’Universauniversis patavina libertas(la registrazione di una regolare organizzazione universitaria porta la data del 1222, che pertanto viene riconosciuto come l’anno di fondazione dell’Università di Padova, centro di studi di fama europea dove, tuttavia,l’attività accademica risale a molti anni prima)e dalla Scuola di Rialto, fondata nel 1408 per fornire ai giovani patrizi un’educazione umanistica.Nelle aule universitarie di Padova, come in molte accademie private, fiorirono studi e ricerche in tutti i campi dello scibile: dalla matematica alla glottologia, dalla medicina all’archeologia, dalla cosmografia alla fisica. La Serenissima, consapevole dell’importanza dell’insegnamento, ingaggiava studiosi eccellenti come il giurista milanese Giason Del Maino, tra il quindicesimo e sedicesimo secolo, e lo scienziato Galileo Galilei, alla fine del sedicesimo secolo, offrendogli uno stipendio triplo di quel che riceveva in patria. I volumi di riferimento all’epoca erano l’Etica Nichomachea e la Politica di Aristotele per gli studi politici, le opere di Marco Tullio Cicerone, specie il Liber Secundus De Officiis per l’economia, e tra gli scritti direligionesi studiavano anche le prediche del Protopatriarca San Lorenzo Giustinian.A questitesti si aggiungeranno più avanti la Perfettione della Vita Politica di Paolo Paruta e i cinque libri del trattato sul governo venezianoDe magistratibus et RepublicaVenetorumscritto tra il 1530 e il 1540 da Gaspare Contarini. Frequenti erano i ritrovi culturali, i viaggi e le biblioteche privatedelle famiglie.
La Repubblica provvedeva largamente anche alle necessità primarie dei sudditi, con case erariali per certi suoi dipendenti, istituzioni benefiche e ospizi, istituti nautici e militari, scuole elementari, enti educativi o di avviamento al lavoro, ospedali.
Uno Stato inimitabile nella rettitudine dei governanti. I libri e le cronache si dilungano nella descrizione delle virtù etiche.Nell’impegno istituzionale c’era la Fede, quella autentica, profonda, che ispirava e segnava la vita e le opere di ciascuno; non a caso parliamo diSerenissima Repubblica di San Marco, fin nel nome votata al santo protettore della Patria comune.Nel corso del Quattrocento Venezia ha dato, oltre a uomini di raffinata cultura, tre Papi alla Chiesa: Gregorio XII, Eugenio IV e Paolo II.
Dopo la conquista veneziana della terra ferma veneto-friulana, checomportò un sempre maggiore interessamento dell’aristocrazia per i possedimenti fondiarii, e generò di conseguenza laciviltà delle Ville, in queste trovaronospesso un posto di rilievo le allegorie delle virtù della Speranza, Carità, Temperanza, Fortezza, Giustizia, Valore, Amor di Patria e Fede.
Nel Quattrocento a Venezia erano attivi medici, inventori, ingegneri, idraulici, militari, esploratori, scrittori ed editori. Era un grande centro di produzione internazionale di materiale geografico e di mappatura dei nuovi territori. Nascevano o operavano a Venezia architetti e pittori, poeti e letterati, giuristi e scienziati che offrivano al mondo un tesoro incalcolabile d’arte e d’intelletto.
All’idealismo patriottico e religioso si congiungeva l’elasticità e mobilità economica propria di una Repubblica di navigatori e mercanti.Conquistata la supremazia nel Mediterraneo, la città lagunareavviò un programma di espansione territoriale nell’entroterra. Venezia, ad un alto grado di potenza, estese il suo dominio, oltre che a Treviso recuperata nel 1387,a Vicenza, che nel 1404(il 25 aprile, festa di San Marco)per evitare di cadere sotto il controllo dei Carraresi, si sottomise volontariamente alla Serenissima, ottenendo da questa l’impegno di rispettare le sue istituzioni autonome. La stessa sorte toccò pochi mesi dopo ai Comune dell’Altopiano di Asiago, a Bassano e a Cologna, e quasi contemporaneamente a Feltre e Belluno, cedute a Venezia dalla Duchessa di Milano. Nel 1405i Veronesi si sottomiseroa Veneziaa patto di conservare i propri Statuti.Rovigo venne ceduta pacificamente dal signore di Ferrara, ed infine, il 28 novembre 1405, dopo una lunga resistenza da parte dei Carraresi, Padova fu l’ultima a cadere sotto il dominio veneziano, che vi insediò il proprio podestà con obbligo di rispetto dell’autonomia locale. Tra il 1409 e il 1444 Venezia riacquistò il dominio sulla Dalmaziagrazie ai trattati stipulati con i sovrani ungheresi. La conquista veneziana si espansepoi verso Udine e la Patria del Friuli.Quindi il dominio terreste veneziano si estese dalla sponda veronese del lago di Garda al Tagliamento fino al Po.
Dopo il 1404 Venezia si sdoppiava: lo Stato da terra e lo Stato da mar. Dal 1425 iniziava a intervenire nelle guerre tra i maggiori Stati italiani. Nel 1426 acquistò Salò e la Comunità della Riviera del Garda e Brescia, nel 1428 la Val Trompia e la Val Sabbia, Bergamo e parte del Cremonese (Pace di Ferrara 19 aprile 1428). E così si arrivòalle guerre con Milano e all’epopea del 1439, quando la Serenissima trasportò la flotta veneta via terra da Venezia al lago di Garda.
La battaglia Galeas per montes si svolse durante il dogado di Francesco Foscari (1423-1457), che fin dall’inizio della sua carriera si distinse per la personalità, la prodigiosa memoria, la grande energia e la buona eloquenza. Il Doge Foscari riuscì a fare della Repubblica di San Marco uno dei maggiori è più rispettati Stati d’Europa.
Ritroviamo la sua effige sulla monumentale Porta della Carta, attraverso la quale si accede al cortile di Palazzo Ducale: un ricchissimo apparato scultoreo posto sopra l’entrata raffigura il Doge Francesco Foscari in ginocchio davanti al leone di San Marco. La forza di Venezia è tutta rappresenta in questa immagine: il potere temporale è sottomesso ai comandamenti divini contenuti nel Vangelo.Il leone simboleggia la forza della parola dell’Evangelista, le sue ali l’elevazione spirituale, la maestà, la potenza, la sapienza, la pace, la giustizia, la pietà religiosa. La doppia valenza, civile e religiosa, dei valori della Repubblica si condensa in questo simbolo; in questa figura prende forma plastica la regola del mondo veneziano, alla quale – come ci ricorda Alvise Zorzi – non si sottraggono nemmeno coloro che, singoli personaggi o classi sociali, si sovrappongono alla collettività per esercitare un potere su di essa: è il sacrificio individuale a ciò che viene ritenuto il bene pubblico.
Il fascino della battaglia Galeas per montes,impresa veramente titanica, sta nella grandezza delle menti e dei cuori degli uomini di una Repubblica che ancora oggi i suoi figli ricordano e venerano.
Aldo Rozzi Marin
Presidente dell’associazione Veneti nel Mondo