“Ing. Giulio Dolcetta da Vicenza ideatore e realizzatore primo della bonifica di queste terre” così sta scritto nel monumento che campeggia nella bella e suggestiva piazza di Arborea, in Sardegna, provincia di Oristano, indelebile ricordo di una straordinaria stagione.
Tutto iniziò il 23 dicembre 1918, a Milano dove si costituì la Società Bonifiche Sarde (SBS) con capitale di otto milioni di lire; presidente fu nominato Giulio Dolcetta che puntò sulle capacità manageriali di un altro veneto, Ottavio Gervaso come direttore tecnico. Scopo della società era quello della “bonifica idraulica ed agraria dei terreni in Sardegna, l’impianto e l’esercizio di reti di irrigazione, l’esercizio della pesca ecc. ecc”.
La zona della bonifica faceva parte dell’alto Campidano, comprendente un’estensione di 18.000 ettari, nella costa centro-occidentale della Sardegna, a circa 8 km a sud di Oristano, tra gli stagni di “S’Ena Arrubia” e di “Marceddì”, “fino allora regno incontrastato della malaria, tanto da meritarsi il non invidiabile appellativo di “ tomba dei forestieri” .
I primi lavori di bonifica idraulica e di irrigazione iniziarono nel 1922; una volta conclusa la bonifica idraulica si passò alla bonifica agraria, con una fascia dunale di rimboschimento di circa 800 ettari di pini, e di duecentomila eucalipto, barriere naturali frangivento, contro maestrale, scirocco e salsedine così dannosi per le culture.
Nel frattempo era iniziativa l’era fascista e alla nuova comunità veniva dato il nome di “Mussolinia”, cominciarono ad arrivare i primi braccianti; dal registro della popolazione del 1934 risultano 2934 abitanti, 1695 provengono dal Veneto (c he allora comprendeva anche il Friuli), 755 dalla Sardegna, 194 dalla Lombardia e via via tutte le altre regioni (i dati citati fanno parte della tesi di laurea dell’amico Alberto Medda Costella). Ed è interessante anche l’elenco delle località di provenienza; ecco i comuni interessati per quanto riguarda la nostra provincia: Agugliaro, Alonte, Altavilla, Arcugnano, Breganze, Brendola, Caldogno, Camisano,Campiglia, Grisignano, Longare, Malo, Marano, Montebello, Montecchio M., Mossano, Quinto, Santorso, Sarego, Vicenza.
Si possono individuare due “ondate” di partenza, la prima va dal 1928 al 1931, la seconda dal 1935 al 1940; ai coloni viene proposto un contratto di mezzadria con la
SBS.
Poi la guerra e la caduta del fascismo e il paese cambia nome assumendo l’attuale Arborea; da ricordare la massiccia campagna contro la malaria a base di DDT finanziata dalla fondazione Rockefeller che debellò completamente la pericolosa malattia. Il ricordo del pericolo malaria è ancora ben presente fra la popolazione di Arborea; e Sisto Garbin, di evidente origine vicentine, mi ricorda “Quanto chinin che go magnà da zovane…”
L’Arborea del terzo millennio è diventata una importante realtà economica; abbandonate il grano e l’uva (resiste solo qualche pergola di uva bacò), si è puntato tutto sul latte e la cooperativa “3A Latte Arborea” è diventata un colosso di dimensioni internazionali che mette assieme oltre 300 aziende; ma anche nei nostri giorni la dimensione veneta di Arborea continua ad essere ben radicata: nelle famiglie si parla ancora veneto, la sagra della polenta è l’evento più importante organizzato dalla pro loco, il 6 gennaio “se brusa la vecia” e si fa festa al Redentore, proprio come a Venezia, agli incroci si trovano i “capitei” ricordo tangibile del nostro Veneto , recentemente è stata aperta una sezione dell’associazione Veneti nel mondo.
E ci si prepara per celebrare degnamente il primo centenario della nascita della Società Bonifiche Sarde: il sindaco Manuela Pintus, giovane, determinata e preparata, auspica un coinvolgimento della Regione del Veneto e della Provincia di Vicenza in modo da ricordare degnamente l’evento; una storia, quella dei veneti protagonisti delle bonifiche che dovrebbe essere maggiormente conosciuta dal nostro popolo.
Quei veneti che con il loro duro lavoro, con tanto sacrificio e sudore, hanno bonificato Arborea e Fertilia in Sardegna, l’Agro Pontino nel Lazio, ampie zone della Libia, meritano tutta la nostra gratitudine e devono rappresentare un motivo di orgoglio per tutti coloro che si sentono veneti.