Che il tema della lingua veneta, da molti ancora definita ”dialetto”, sia sempre di grande attualità lo vediamo continuamente, sui giornali e nei dibattiti televisivi. E’ notizia di pochi mesi fa, ad esempio, che un noto quotidiano del Veneto ha pubblicato con enfasi l’ennesimo sondaggio sul tema, dal quale risulta che soltanto il 30% degli abitanti nostra Regione sarebbe favorevole all’insegnamento del “dialetto” a scuola.
Diciamolo, senza nasconderci dientro un dito, succede praticamente così: per tutta la vita ti mostro il veneto, per secoli lingua internazionale del commercio e della diplomazia – quasi come il moderno inglese – come un “dialetto”, un italiano parlato male.
Fin da quando sei piccolo, te lo dipingo come un linguaggio rozzo, parlato da chi non ha cultura, “dialetto da osteria”… Arrivo perfino ad ammonirti e a darti una simbolica multa – come è capitato in molte scuole del veneto fino agli anni ’90 – se solo ti sento pronunciare una parola in “dialetto”.
Non solo, nei temi ti sottolineo con la penna rossa le “forme dialettali” e ti dico che dobbiamo tutti imparare l’italiano, quella sì lingua illustre dalla lunga e gloriosa tradizione… Ovviamente non ti dirò che il veneto esiste da secoli e secoli prima dell’italiano e nemmeno che la letteratura veneta è apprezzata in tutto il mondo e ha una gloriosa tradizione plurisecolare.
E poi vai a casa, accendi la TV e ti trovi, nelle rarissime volte in cui compare, un personaggio che parla veneto e che fa la figura dell’ignorante o della servetta di turno.
D’altronde, non serve scomodare il celebre linguista Noam Chomsky per capire che, come lui stesso dichiara, la lingua differisce dal dialetto unicamente per il fatto di «avere alle spalle una bandiera e un esercito».
Non ti diciamo che la tua è la lingua che veniva usata nelle corti europee o nei più importanti porti del mondo; non ti diciamo che il primo libro di matematica al mondo è stato scritto in lingua veneta, che lo Zar di Russia si scriveva in veneto con la Regina d’Inghilterra o che il veneto era l’unica lingua straniera ammessa al cospetto del re di Francia.
E nemmeno che non è semplicemente fatta da lettere, una dietro l’altra, ma è una delle lingue più ricche di espressioni, sfumature, proverbi e modi di dire al mondo.
Pensa te, arriviamo a farti mangiare la balla che, se sostieni la lingua veneta e il suo insegnamento alle nuove generazioni, sei un razzista e vuoi chiuderti nei confronti di un mondo sempre più globalizzato! Ovviamente non ti diremo invece che 3 extracomunitari su 4 residenti nella nostra Regione vorrebbero che il veneto fosse insegnato obbligatoriamente a scuola, perché è di fatto la prima forma di integrazione.
E non ti diciamo neppure che oggi il veneto è la lingua degli affari e dell’industria: basta girare per le aziende Venete per capire quant’è importante. Sono stati fatti molti studi che hanno dimostrato che, a livello commerciale, rivolgersi nella lingua madre abbatte le barriere e le diffidenze e fa aumentare la fiducia reciproca nel business.
Siamo perfino arrivati a far credere ai genitori veneti che insegnare la loro lingua madre ai figli arrecherebbe loro un danno nella vita! Beh… magari a tal riguardo eviteremo di dire che l’autorevole rivista “Le Scienze” ha pubblicato invece uno studio in cui si dichiara che un bambino che fin da piccolo impara più lingue diventa più intelligente, perché sviluppa aree del cervello che un monolingue non svilupperà mai…
Questo non ve lo dicono e non ve lo diranno. Imbastiranno con una certa periodicità sondaggi del tipo “ma non vorrai che nella prestigiosa scuola italiana, patria dell’italianità, di Dante e di Boccaccio si insegni l’inutile e rozzo daletto”! E noi, veneti orfani della nostra plurimillenaria cultura, non sapremo ribattere e ci adegueremo alla martellante campagna antiveneta a cui siamo ormai assuefatti.
Il veneto si sta sempre più italianizzando. Ogni anno perdiamo espressioni e modi di dire tipici, caratteristici del nostro modo di essere e di pensare. Perdiamo un’identità trasmessaci come prezioso testimone dalle generazioni passate. Portarlo all’interno dei programmi scolastici significa mostrare che la lingua che parliamo è un valore positivo ed utile, strumento di apertura e di confronto. Insegnarlo a scuola significa anche recuperare termini ed espressioni che abbiamo perduto, ricercando e studiando un patrimonio che ci appartiene e che tanto sa insegnare ancora.
Significa mostrare che ci teniamo davvero ad essere veneti, con i nostri difetti e con i nostri pregi.
Ma fintanto che non capiremo tutto ciò e ci adegueremo passivamente a quanto ci viene trasmesso dalla “cultura ufficiale”, nei sondaggi continueremo a dire “No” alla nostra lingua, senza sapere che, in realtà, stiamo facendo un danno enorme proprio contro noi stessi.
Un popolo senza memoria e senza identità non può aprirsi e confrontarsi con il mondo, non può avere un Futuro ed è costretto ad una lenta agonia… finché si spegnerà.
Game Over.