L’indizione di un referendum per consentire al popolo veneto di far sentire la propria voce in merito alla prospettiva di arrivare all’indipendenza dellla nostra Terra sarà, nei prossimi mesi, uno dei temi centrali della politica regionale; e già oltre cinquanta comuni hanno espresso il loro voto a favore del referendum; in fin dei conti si chiede ciò che si è già concretizzato nel Quebec (Canada) e che nel 2014 porterà al voto gli scozzesi… Nulla di più…

Per la verità fin dal dicembre 1991 il Consiglio Regionale aveva espresso la volontà di far svolgere un referendum sul livello di autonomia della nostra regione ( il “democratico” Governo Italiano si oppose e la Corte Costituzionale bocciò già allora la proposta del Consiglio Regionale); l’istituto del referendum non ha mai avuto troppa fortuna in Italia, e la stessa Costituzione è espressione di quella che oggi si chiamerebbe “casta dei costituenti” e non fu avallata dal voto popolare.

E pensare che già nel 1946 la rivista “La Critica Politica” fondata dal parlamentare repubblicano federalista Oliviero Zuccarini, pubblicava un articolo di Diego Loy sull’opportunità di far seguire un altro referendum, dopo quello che sancì la nascita della Repubblica, sulla forma dello stato, e cioè centralista o federalista.

Credo sia interessante rileggere alcuni passi dell’articolo che dimostra come le istanze federaliste siano da sempre presenti nel dibattito politico-culturale di questo Paese: peccato che per oltre mezzo secolo l’intellighenzia italiana le abbia quasi completamente ignorate.

“Risolto col referendum il problema della “forma di governo” dello Stato italiano, resta da decidere l’altro non meno grave problema della “forma di Stato” che assumerà dopo la Costituente l’Italia: Stato unitario o Stato federale” e più avanti:

“Solo il riconoscimento costituzionale dell’autonomia di tutte le Regioni italiane, dal Piemonte alla Sicilia, dalla Sardegna alle Venezie, nell’ambito di uno Stato unitario-federale, potrà infatti dare ad ognuna di esse la facoltà d’impedire l’instaurazione di nuove dittature”

E ancora, con una lungimiranza straordinaria (siamo, ripeto, nel 1946):

“Semplici autonomie amministrative senza la garanzia costituzionale d’una potestà d’imperio originaria intangibile, senza la facoltà delle singole Regioni d’opporsi alla applicazione nel loro territorio di determinate leggi, non saranno sufficienti ad impedire che una nuova dittatura, impadronendosi del governo centrale, possa estendere la sua tirannia a tutto il territorio statale, siccome gli Enti locali non avrebbero alcun potere per rifiutare una dittatura accettata da effimere maggioranze parlamentari.”

Sessantanni dopo anni la dittatura centralista politico-burocratica è ancora potentissima nonostante “effimere maggioranze parlamentari….”

Ma il passaggio centrale dell’articolo di Diego Loy è il seguente:

“E, perciò, come si è sottoposto al referendum il problema istituzionale, poichè non era irrevocabile la dichiarazione espressa coi plebisciti, così dovrà riesaminarsi il problema della forma di Stato da dare all’Italia, poichè, contestando col referendum, la validità dei plebisciti, si è distrutto il presupposto sul quale fondavasi l’unità italiana, e le singole Regioni hanno nuovamente diritto ad essere sentire sul nuovo patto che dovrà definitivamente unirle nella risorta e veramente libera Repubblica federale italica.”

E in conclusione auspicava:

“L’Assemblea costituente, dando alla Nazione italiana la forma politica di Stato federale, riparerà definitivamente un errore compiuto nel nostro processo unitario, rinsalderà maggiormente i vincoli ideali ed economici che uniscono le Regioni italiane, favorendone il comune benessere, e dimostrerà agli Alleati ed al mondo d’aver voluto elevare una barriera insormontabile contro ogni sistema centralizzatore e quindi contro ogni possibile rinascita di dittature”.

Veramente molto interessante l’aggancio con i plebisciti farsa che dal 1860 al 1866 portarono alla nascita del Regno d’Italia.

Riusciremo come Veneti a far sentire la nostra voce attraverso un referendum libero e democratico, centoquarantasette anni dopo il plebiscito-truffa che sancì l’annessione del Veneto all’Italia?