Un libro, uno dei primi, interamente dedicato alle donne che dal ‘46 in poi sono state al fianco (madri, mogli, vedove, figlie) dei nostri minatori in Belgio che comportò la morte di circa 1500 uomini in incidenti e circa 40.000 negli ospedali per la silicosi dal ’46 al ‘63.

Donne eroiche che hanno sofferto, pianto, ma anche sorriso e lottato per integrarsi ma mai ringraziate da nessuna istituzione italiana. Per i loro sacrifici e la loro dignità e coraggio non esiste nessun monumento, nessun riconoscimento. Questo volume totalmente scritto per loro è diviso in tre parti: la prima dedicata dal fenomeno della “discriminazione di genere” di cui la donna è stata vittima da sempre, la seconda dove si analizzano tutti i problemi incontrati con l’emigrazione (vita nelle baracche, solitudini, nuova cucina, pulizie diverse, lingua da imparare, cultura diversa, terrore per la pericolosità del lavoro degli uomini, la vedovanza per molte ecc.). La terza parte infine è formata dalle interviste in Vallonia e nel Limburgo (e in Italia) a famiglie che ricordano le vite delle loro madri o nonne. Tra le tante anche l’intervista a Rocco Granata il cantautore italo belga che ha scritto e cantato la canzone “Marina” una delle canzoni italiane più vendute al mondo. Evidenziate le differenze di vita degli italiani in Vallonia e nelle Fiandre.

Scritto in modo molto semplice a adatto a tutti.

Introduzione

La storia si fa con i documenti, ma le storie si raccontano con le emozioni.

Walter Basso – che storico non è, ma che la storia dei minatori italiani in Belgio la conosce come pochi – ha provato a mescolare entrambi gli ingredienti, scientificità e sentimento, in questo che è il quarto volume di quella “epopea della povera gente” alla cui stesura si dedica da quasi tre lustri. 

Non manca l’approccio scientifico nel libro: ne sono prova gli archivi visitati, i trattati, le statistiche, le norme, gli articoli di giornale, i resoconti fedelmente citati, ma tutto ciò è vivificato e reso emozionante dai ricordi personali dell’autore, figlio di un minatore morto di silicosi, nipote di un minatore morto nel crollo di un fond, ma anche figlio di una madre che quel destino di fatica e dolore l’ha vissuto in prima persona con un misto di coraggio e rassegnazione.

Non meno coinvolgenti sono le molte preziose testimonianze raccolte dalla viva voce di chi quell’epopea l’ha vissuta di persona: sono racconti che disegnano lo spaccato di un’umanità povera di tutto tranne che di una dignità profonda e di uno smisurato senso del sacrificio e della famiglia.

Una generazione di italiani ha dovuto emigrare per combattere una guerra, quella del carbone, dopo aver subito una guerra mondiale disastrosa che aveva lasciato il Paese nella miseria più nera.

L’autore dà voce ai ricordi di quella generazione sfortunata e coraggiosa. Ciò che cambia rispetto ai tre volumi precedenti è il punto di vista. Gli sguardi, i ricordi, i sospiri, le lacrime non sono quelle dei “musi neri”: a parlare sono i familiari dei minatori, ovvero chi quella partita l’ha giocata in panchina, soffrendo, se possibile, ancor più di quanti scendevano nella mina; e tra tutte le angosce quelle delle donne (madri, figlie, spose, fidanzate che fossero) sono quelle che gridano più forte attraverso queste pagine. A loro è dedicato il libro, a eroine che non hanno esitato a sacrificare la propria vita e i loro sogni di giovinezza per restare vicine ai loro uomini e per costruire, da zero, una nuova vita a migliaia di chilometri da casa.

Stratificazioni di ricordi vengono riportate alla luce, pagina dopo pagina, grazie al prezioso lavoro di ricerca, ma soprattutto grazie a testimonianze il cui valore risiede principalmente nella autenticità delle emozioni che esprimono e nella semplicità che ne amplifica l’autenticità. Sono testimonianze universali perché in esse leggiamo tutta la gamma dei sentimenti possibili, a volte contrastanti, così come sono contrastanti, a volte addirittura antitetici, i ricordi di quella terra, il Belgio: per alcuni un’insensibile matrigna, per altri – ed è anche il punto di vista di alcune delle donne intervistate – un’affettuosa madre adottiva.

È interessante notare come, lungo tutte le tre parti in cui è suddivisa la pubblicazione, l’attenzione, il “focus” dell’autore si concentri sulle donne ed il punto di vista sia, ugualmente, quello delle donne.

Assistiamo così al lungo e non ancora completato processo di emancipazione, alle piccole grandi battaglie per ottenere diritti negati, alle traversie nel viaggio verso il Belgio, all’impatto con una realtà ben diversa da quella dipinta dal Manifesto Rosa, alla difficile ambientazione in una società completamente nuova, ai problemi con la lingua, la cultura, la scuola, le istituzioni.

È un lungo, faticoso processo di adattamento quello che le donne dei minatori si trovano ad affrontare nella loro odissea senza ritorno, ed è straordinario come lo affrontino da protagoniste, prendendosi in carico la gestione della famiglia in tutti gli aspetti: educativo, economico, perfino sentimentale.

Le protagoniste di questo libro sono madri e mogli che troppo spesso divengono anche infermiere e vedove. Donne sospinte nell’abisso del dolore irrimediabile delle morti nella mina o in quello ugualmente irrimediabile, ma continuamente differito nel tempo, della cura dei congiunti silicotici.

Non manca, infine, un’analisi sugli stili di vita delle donne italiane e di quelle belghe: senz’altro differenti, ma accomunate da un comune destino di “sorellanza” che negli anni si consolida e diviene la cifra più evidente dell’integrazione delle nostre connazionali.    

Carlo Toniato