Il 28 maggio prossimo la città argentina di Chajarí festeggiarà i 150 anni della sua fondazione. Nata come Villa Libertad, è la più antica colonia italiana nella provincia di Entre Rios e una delle prime in Argentina.
Villa Libertad riunisce 4 elementi che la rendono unica: è una colonia ufficiale -creata per legge provinciale-, è formata con un contingente di soli immigrati italiani, una legge nazionale concede ad ogni famiglia un anticipo per le spese di viaggio, e il governo della provincia di Entre Ríos concede loro la terra gratuitamente: il colono è il proprietario e non un inquilino.
Ne aggiungeremmo un quinto: la maggioranza dei coloni provengono dai comuni vicentini di Laghi (14 famiglie), Arsiero (7 famiglie), Posina (5) e Cismon (3); un totale di 29 famiglie venete, sommate a 26 lombardi, 13 trentini, più una famiglia ligure e un’altra emiliana.
Trecentosettantasei persone si stabilirono a Villa Libertad quattro anni dopo che la legislatura di Entre Ríos promulgò -il 28 maggio 1872- la legge che ordinava la fondazione della Villa con i dettagli su come effettuare la colonizzazione. Sarà solo nel 1934 che la città prenderà il nome dalla stazione ferroviaria, con la quale è attualmente conosciuta: Chajarí, comune oggi abitato da più di 30.000 persone.
La nascita di Colonia Villa Libertad è il risultato di un piano realizzato dal Governo Provinciale di Entre Ríos e dal Governo Nazionale argentino, ed è stata accuratamente studiata e documentata dal Prof. César Manuel Varini nella sua opera postuma “Presencia italiana- en la colonización del nordeste entrerriano” (presentato il mese scorso alla Societá Italiana di Chajarí). Il libro racconta la storia ampiamente documentata delle 70 famiglie italiane arrivate a Chajarí, ma si estende anche attraverso il quadro giuridico, i sistemi di colonizzazione e la descrizione dettagliata di ciascuna delle 32 colonie del dipartimento Federación (Entre Rios), e senza dubbio è di grande interesse per tutti coloro che svolgono studi e ricerche sull’immigrazione italiana in Argentina nella seconda metà dell’Ottocento.
testo di Mariano Gazzola, veneto in Argentina