Sergio Romano risponde a un lettore
Tempo fa mi recai in Romania come turista. A Tulcea mi imbarcai su un naviglio che faceva navigazione sul delta del Danubio. Sentendomi parlare con mia moglie in italiano, si avvicinò un signore che era trasmigrato dal Friuli nel 1925 e si era stabilito in quella zona come agricoltore. Mi raccontò che molti altri della sua zona emigrarono lì. Essendo lei di origini friulane, ne è a conoscenza? Mario Casolaro
Caro Casolaro, n
el treno che mi riportava da Vienna a Milano durante la primavera del 1949 incontrai un folto gruppo di veneti e friulani (alcune decine di persone) che erano stati costretti a lasciare la Romania dove le loro famiglie avevano abitato sin dalla fine dell’ Ottocento. Mi spiegarono che con l’ avvento del regime comunista avevano perduto la terra, le aziende e il lavoro. Uno di essi mi fece vedere una copia di Scanteie (scintilla), quotidiano del partito comunista, e mi lesse alcuni titoli. Più tardi seppi che molti profughi furono accolti per qualche tempo in un campo della provincia di Udine. Ma non mi sembra che la stampa nazionale italiana, in quegli anni, abbia prestato una particolare attenzione a quelle vicende.
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Avevamo ancora giornali abbastanza smilzi, assorbiti dalle vicende della politica italiana dopo le elezioni dell’ anno precedente e da quelle della politica internazionale dopo l’ inizio della guerra fredda. Oggi esiste finalmente un libro interamente dedicato ai «Veneti in Romania» in cui «Veneti» significa anche friulani. È stato scritto da Roberto Scagno, Paolo Tomasella, Corina Tucu ed è stato pubblicato nel 2008 dal Centro Interuniversitario di Studi veneti in una collana diretta da Gianpaolo Romanato per l’ editore Longo di Ravenna.
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Molti di quegli emigrati stagionali restarono nel Paese, comprarono pezzi di terra, crearono piccole aziende e divennero italo romeni, perfettamente integrati nella società del Paese che li aveva accolti. Le prime difficoltà cominciarono alla fine della Seconda guerra mondiale quando la Romania fu occupata dall’ Armata rossa. Furono trattati meglio della minoranza tedesca, ma qualcuno decise che era arrivato il momento di rientrare. L’ esodo, tuttavia, cominciò dopo la riforma monetaria del 1947, la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e l’ esproprio delle terre nell’ambito della riforma agraria. Anche in questo caso le cifre sono imprecise. Ma da un rapporto del ministro d’ Italia Michele Scammacca, scritto nel maggio 1948, sappiamo che non tutti partirono.
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Di Millo Bozzolan – https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.it