Per motivi ideologici, magari non evidenti neanche all’intellettuale che si pronuncia contro l’ipotesi dell’esistenza di una “lengua veneta” (che pur esiste e gode ottima salute dato che è usata da milioni di venetofoni) si può dimenticare anche il fatto storico di cui ad esempio parla la studiosa Bruna Mozzi nel suo libro “Venezia e i Turchi”, riedito di recente dal Gazzettino.
L’Autrice ci descrive una situazione durata per secoli, che è continuata anche dopo il tramonto drammatico con l’arrivo della soldataglia napoleonica. L’uso della lingua veneta nell’area adriatica e mediterranea, anche tra etnie diverse, per cui essa divenne una specie di inglese usato per intendersi tra turchi, “greghi”, levantini in genere, oltre ai dalmatini della costa e ai veneti veri e propri. Si usava un veneziano, è vero, ma adattato poi alla località di provenienza di chi lo parlava, per cui era un veneziano spurio, una “lengua veneta” vera e propria.
“Se ti vedi el Gran Turco, parlighe in venezian”, era un motto comune nella Costantinopoli del 500, dove diplomatici ed interpreti potevano comunicare con il Sultano in veneziano, “l’inglese” del Mediterraneo.
Tra il Medio Evo e l’età moderna la progressiva affermazione della Serenissima nel Mediterraneo Orientale era responsabile di una diffusione senza precedenti del veneziano, che veniva capito e spesso parlato e scritto non solo nelle colonie direttamente amministrate da Venezia (come Zara, le Isole Ionie e Creta), ma anche nei territori limitrofi, quindi anche nei possedimenti degli Ottomani.
Complesse ed affascinati sono state le dinamiche delle irradiazioni nell’Adriatico orientale e nel Levante. Complessa è la storia del veneziano che fu una lingua internazionale fino al primo Ottocento, un po’ come l’inglese nell’Ottocento.
Era la lingua internazionale della navigazione, degli scambi internazionali e persino della diplomazia: lo testimoniano da un lato i numerosi documenti conservati all’archivio di Venezia e in molti altri archivi; dall’altro le numerose parole di origine veneziana passate al croato, all’albanese, al greco, all’arabo e al turco.
Ancora oggi, del resto, i turisti veneti in vacanza in Grecia, restano spesso sorpresi dall’aria familiare di molti vocaboli, da ‘karekla’ (sedia) , a ‘katsavidi’, cacciavite, fino a pirouni che nel dialetto greco di Cipro indica ‘forchetta’, cioè il veneziano ‘piron’.
Di Millo Bozzolan